Deviazione per L’Aquila

Non ero mai stata a L’Aquila. Non mi era mai capitato di passare da quelle parti. Ancor meno dopo il 6 aprile 2009.
Avevo provato, come molti, dolore per il terremoto in sé come evento che arriva e spazza via tutto, ma anche e soprattutto per la devastazione avvenuta per cupidigia, ignoranza, grettezza, sciacallaggio. Per denaro. Mi riferisco ovviamente alle fondamenta di sabbia che, sgretolandosi, hanno sgretolato la vita di tanti ragazzi e delle persone che a quei ragazzi volevano bene.
Invitata all’evento, mi sono chiesta prima di tutto cosa avrei potuto dire ed è stato guardando i quadri esposti che ho trovato un fil rouge che ben si è intersecato con dei miei interessi. Io lavoro anche con i gruppi, li studio e lo studio dei gruppi porta poi ad allargarsi a guardare le istituzioni e la società Ecco allora ho guardato questi quadri e ho trovato una traccia, la tensione rappresentata da questi artisti è la stessa tensione che attanaglia ognuno di noi quando perdiamo di vista chi siamo, dove siamo e dove possiamo e vogliamo andare. E se mancano attorno a noi dei punti di riferimento ecco il disagio, il malessere. Il mal d’essere.
Quando ho visto per la prima volta un quadro di Valentina Grilli è stato sul catalogo di una mostra. Mi ha subito affascinato il mondo raffigurato. Mi sono trovata trasportata nelle stanze di una vecchia casa di campagna, una casa della memoria in cui una nonna, o forse una bisnonna, era detentrice narrante di storie di vita vissuta e di fiabe che alla fine si mischiavano, perdendosi in una terra senza confini in cui il cos’era sogno e cosa realtà si perdevano, realtà e storie tramandate intervenivano a modificare il racconto narrato.
Ho preso a prestito il lavoro di Gianluca Quaglia come base per poter interpretare i suoi stimoli alla luce della giornata che stavamo celebrando e nell’ambito del contesto nel quale eravamo (Rete Rosa, la violenza domestica, l’8 marzo). L’opera di Gianluca mi è servita come spunto perché lui, grazie alla sua sensibilità di artista, con l’installazione montata e proposta ci ha consegnato una sua interpretazione del mondo femminile e della violenza domestica.
Ho osservato gli ospiti entrare oggi nelle stanze dell’istallazione. Sembravano entrare tutti come camminando sulle uova, certo bisognava fare attenzione a dove posare i piedi, però c’era un che di timore, come se stessero entrando nella casa di qualcuno, meglio, negli ambiti segreti dell’intimità della casa o dell’animo di qualcuno.
Non c'è più il modello di indentificazione al quale aderire o contro il quale lottare, c'è una persona fragile, inerme, lontanissima da quella madre dell'infanzia e dell'età adolescenziale e adulta. E qui ci sono io, donna, adulta, in molti casi anche madre a mia volta con tutta la conflittualità che l'essere genitore e/o figlio porta con sé con tutta la problematicità nel percorso di separazione/individuazione. Non è più possibile dirsi "è colpa sua" ma si è solo individui e viene fuori tutto il dolore per quella persona che non è più riconoscibile per come era.
Laurea in psicologia clinica e di comunità presso l'Università degli Studi di Padova.
Scuola di specializzazione in Psicoanalisi della Relazione presso SIPRe (Società Italiana di Psicoanalisi della Relazione), Milano.
Master in Psicoanalisi della Relazione di Gruppo presso SIPRe, Milano.
ALI 2016
Autorità leadership e innovazione
Rivista della relazione in psicoanalisi
Nel comitato di redazione dal 2010 al 2017