Contaminazioni

HERNANDEZ ART GALLERY

binettaNell'ambito della terza edizione del premio Carlo Bonato Milella (Rivarolo Cavanese, 2013), Antonio D'Amico ha allestito una mostra a Milano, presso la Hernandez Art Gallery, con i quattro vincitori del premio, due artisti Under 30 e due Over 30.

Invitata all’evento, mi sono chiesta prima di tutto cosa avrei potuto dire ed è stato guardando i quadri esposti che ho trovato un fil rouge che ben si è intersecato con dei miei interessi. Io lavoro anche con i gruppi, li studio e lo studio dei gruppi porta poi ad allargarsi a guardare le istituzioni e la società Ecco allora ho guardato questi quadri e ho trovato una traccia, la tensione rappresentata da questi artisti è la stessa tensione che attanaglia ognuno di noi quando perdiamo di vista chi siamo, dove siamo e dove possiamo e vogliamo andare. E se mancano attorno a noi dei punti di riferimento ecco il disagio, il malessere. Il mal d’essere. E qui prendo in prestito le parole di un grande studioso di gruppi, René Kaës, e prendo spunto da un suo libro di recente pubblicazione "Il Malessere", edito da Borla. Il malessere nella cultura delle società ipermoderne. Nel corso di appena due decenni abbiamo vissuto cambiamenti che hanno inciso sulle fondamenta del nostro essere. I cambiamenti hanno riguardato i legami intergenerazionali, le relazioni tra i sessi, la condizione delle donne, le strutture familiari, le relazioni sociali e le strutture di autorità e di potere, il confronto con le differenze provocata dalla mescolanza delle culture. Tutte queste dimensioni coinvolgono le fondamenta della relativa stabilità delle identità individuali. Per malessere, meglio, mal d’essere, si intende qualcosa che scuote profondamente le fondamenta della vita psichica e dei suoi correlati culturali: il malessere compromette la capacità di essere e di esistere in un mondo così com’è, con gli altri e con se stessi. Viviamo in una cultura del controllo (Il grande fratello, chip, carte di credito, tutto il mondo virtuale) e, al contempo, di assenza dei limiti (l’eccesso e l’onnipotenza, superare i limiti, sballare, il trionfo del godimento senza limiti). Tutto è urgente (tutto e subito, da fare, da ottenere. Tutto in fretta. Il rapporto con il tempo privilegia il qui e ora, instabile, il tempo immediato vince sui tempi lunghi, sul tempo dell’elaborazione dei significati, lo zapping e il nomadismo vincono sulla continuità. Ciò che vale è l’adesso, nel presente, nell’immediato, perché la certezza che il futuro e indeterminabile è la sola certezza). Le trasformazioni con le quali abbiamo a che fare coinvolgono le grandi strutture che dovrebbero farci da cornice e da regolazione delle formazioni e del processo sociale: miti e ideologie, autorità e gerarchia. Nessuno esente.

I nostri artisti rispondono col corpo, nei loro quadri c’è il soma, che appare in tutta la forza e anche sofferenza. La risposta al non sentirsi parte dal corpo, dal prendere corpo, dall’esserci. Esserci per esistere.


 I DUE VINCITORI "UNDER 30"

VALENTINA CECI Ci trasmette tratti di volti, tratti di storie, tratti disegnati a penna biro.

HURT
HURT

In HURT, non si vede la bocca, un uomo col passato dipinto sugli occhi, la bocca non c’è, c’è nebbia attorno. Chissà quante cose ha visto e quante cose non vuole dire e quante cerca di dimenticare. Gli occhi predominano nel quadro, sono stanchi, grosse borse, rughe, hanno visto tanto. Ha dovuto tante volte socchiuderli per mettere a fuoco meglio ciò che vedeva in lontananza oppure per filtrare le immagini, per non farle entrare tutte assieme perché troppo forti, troppo intense, per proteggersi da ciò che vedeva.

ERO
ERO

ERO, immagine completa ma appartenente al passato, la nitidezza non abita più qui, c’era, non c’è più. C'era nell'essere piccola e nell'avere tutto ancora davanti a sé e tutto da scoprire. Si poteva fare, c'era chi proteggeva e pensava a te.

E poi c'è JUSTICE IS A DREAM, BUT IT IS A DREAM THAT WE ARE DETERMINED TO REALIZE. Tre pezzi di volto, un trittico che raffigura Aung San Suu Kyi, nobel per la pace del 1991 ma riconoscimento che poté ritirare solo nel 2012. In Birmania. Un volto non riconosciuto dal potere ma così forte e riconoscibile anche nei tratti appena accennati. Ma è un volto spezzato così come la sua vita passata per buona parte dietro le sbarre. Tre pezzi che, a seconda di come si guardano, passano da una destrutturazione a una ristrutturazione, puoi provare a cancellarmi ma io mi posso rimettere in piedi perché il mio sogno, il mio ideale è più grande della tua realtà. Non potrai mai cancellarmi.

Aung San Suu Kyi
Aung San Suu Kyi

Aung San Suu Kyi
Aung San Suu Kyi

Aung San Suu Kyi
Aung San Suu Kyi


SIMONE GILARDI

I suoi dipinti si chiamano L’ALTRO.

ALTRO
ALTRO

Qui appare il volto dell’altro, che è però anche un modo di vedersi nell’altro, se riconosco nell’altro qualcosa che lui esprime, la sua voce, forse quell’espressione ce l’ho anch’io, dentro.
Sono volti forti, sofferenti che esprimono tutte quelle parole che non si riescono a dire, che non trovano strada. Lo sgomento, l’angoscia di fronte a quello che non c’è più, a partire dalla sicurezza delle cose, del proprio mondo, dei punti di riferimento culturale di cui dicevo prima.
Un’estetica di bellezza infinita, senza tempo, a sconfiggere la morte, l’assenza dei limiti cui accennavo qui viene ribaltata, quella cosa lì c’è, ci sarà, mi circonda, ma io qui esprimo altro. Altro che è altro da me ma ALTRO che è uscire fuori dalle regole, da quello che mi circonda e che io rifiuto. Voglio ALTRO e altro.


 TRA GLI "OVER 30"

DORIANO SCAZZOSI

VOLTO RIFLESSO
VOLTO RIFLESSO

Scazzosi dipinge corpi nudi o appena coperti da veli, la nudità raffigurata è al limite, limite tra il vivo e il morto, in quella linea sottile di demarcazione dove la vita sta per mancare. E qui la fragilità umana è colta nella sua nudità.
Ci sono corpi che permettono di intravvedere la tensione muscolare come se fossero in vita e pronti a reagire in una sorta di sospensione che abbiamo nei confronti di questo periodo che stiamo vivendo, il mal d’essere ci fa stare “come se” sospesi, tra uno stato e l'altro oppure bloccati, in contemplazione narcisistica, ripiegati su se stessi.


LEO FERDINANDO DEMETZ

LA RINASCITA
LA RINASCITA

Qui c’è forse una risposta a come uscire da questa impasse culturale, dalla società ipermoderna. Demetz trova la risposta nelle sue origini, nella terra, negli alberi. Un ritorno alle origini che è più a contatto con la natura come modo per tornare più a contatto con se stessi. Meno avere e più essere. LA RINASCITA è questo, un uomo che esce da un tronco, perché ha bisogno di radicarsi, ha bisogno di ritrovare le proprie radici. E le radici sono la nostra cultura che non può prescindere dalla nostra storia emotiva, dal territorio dal quale proveniamo. Dal riprendersi le emozioni.

La Rinascita
Scolpita in un tronco unico di cirmolo, 158 cm
L’Aquila, Collezione privata

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