Contaminazioni

Vivian Maier – Le vite degli altri

Non molti anni fa venne pubblicata la notizia del ritrovamento di un cospicuo archivio fotografico e, conseguentemente, della fotografa che quel materiale aveva prodotto.
Si trattava di una donna sola, con una grande passione per la fotografia, vissuta senza agi e che per mantenersi aveva lavorato come bambinaia vivendo il più delle volte in una stanza presso le famiglie abbienti di New York e Chicago per le quali accudiva i figli.
La Maier nasce a New York nel 1926 da madre francese e padre di origini austriache. Quando i genitori si separano, lei è ancora molto piccola, la famiglia si smembra, il fratello viene affidato ai nonni paterni mentre lei resta con la mamma che trova ospitalità nel Bronx da un’amica appassionata di fotografia. Qui verosimilmente nasce la sua passione.
Negli anni questa donna ha alterne vicende di denaro, sempre in ristrettezze economiche non abita mai in una casa propria. Una delle famiglie presso la quale si stabilisce per il lavoro di baby-sitter le consente di tenere in un deposito di proprietà gli scatoloni contenenti tutto il suo materiale fotografico. Ci sono poi alterne vicende ricostruite con fatica (non tutti i passaggi della sua biografia appaiono chiari e sequenziali) si sa che, in là con gli anni, a seguito di una caduta sul ghiaccio Vivian batte la testa e viene ricoverata in una struttura medica. Quasi contemporaneamente, a causa di affitti non pagati, il box nel quale era depositato il materiale e tutti i suoi scatoloni viene pignorato.
Vivian Maier - Le vite degli altri | dal Blog della dott.ssa Rossella TorrettaNel 2007 un ragazzo, John Maloof, acquista a un’asta fallimentare tutto quanto era depositato nel magazzino e, dentro uno scatolone, scopre un mondo, il mondo che Vivian Maier aveva catturato con il suo obiettivo ma che aveva lasciato incapsulato all’interno di centinaia di rullini e di negativi mai sviluppati. E da quel momento c’è una inversione di rotta non nella vita della Maier (che morirà nel 2009 ignara di tutto) ma rispetto all’essere scoperta e divenire celebre come fotografa. Veramente a sua insaputa.
C’erano, e ci sono, tutti gli elementi per un romanzo romantico e tribolato, a partire dal non essere riconosciuti in vita ma diventarlo solo dopo, quando non ci sei più, un essere visti postumo. E questi sono fatti di vita che mi toccano, sempre. La vita di una donna trascorsa quasi in solitudine, quasi inesistente, priva di relazioni, se si escludono quelle intrattenute con le famiglie dei suoi datori di lavori e con i bambini che accudiva, non in povertà ma certamente priva di agiatezza e che, dopo la morte, diventa famosa. La fotografa baby-sitter.
Di lei si è parlato molto come di una street photographer ante-litteram, in realtà le foto sue che mi hanno più colpita, forse perché più legate alla vita da lei condotta, sono gli autoritratti. Vivian si fotografava nelle vetrine, nelle ombre, negli specchi, nei giochi di specchi. Il viso rimandato e riflesso tramite altri elementi.
Il suo volto, ripreso dall’apparecchio fotografico che teneva in mano, appariva spaesato, ingenuo, fuori luogo, l’immagine che rimandava era quella di una donna ospite, nelle sue foto come nella vita. Ospite in casa d’altri. Ospite in una stanza in casa d’altri. Ospite nella vita degli altri. Le foto scattate riprendevano la vita di tutti i giorni, le vite di tutti i giorni con bambini, signori che vanno al lavoro, operai, eleganti signore impellicciate, ricordo un bellissimo chiaroscuro con una giovane donna in un vaporoso abito bianco da sera, come fosse un cigno. E poi palazzi, banchine, ferry-boat, pullman. Il mare, la sabbia. La vita. La quotidianità. E Vivian a trattenere in piccoli fotogrammi le immagini delle vite degli altri, catturate con la sua macchina fotografica come se volesse tenerle dentro di sé, per sé, farle divenire suoi pezzi di vita.
La macchina fotografica portata sempre al collo, un prolungamento e uno schermo.
Una vita, quella di Vivian Maier, rimasta incapsulata, in un bozzolo, come un baco, mai diventata farfalla. I suoi autoritratti risuonano come il provare a mettere, col suo volto, col suo corpo, con la sua ombra riflessa, se stessa nelle vite degli altri, a inserirsi, quasi a fare un fotomontaggio per vedere come si fa, come si può stare, che succede a vivere.

Vivian Maier - Le vite degli altri | dal Blog della dott.ssa Rossella Torretta

Link utili

Le foto di Vivian Maier su Repubblica.it

Prima nazionale della mostra al MAN di Nuoro (2015)

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